In occasione della Giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia – che ricorre il 17 maggio – abbiamo intervistato Alessandra Rossi, Coordinatrice Gay Help Line, e Marina Marini, di Refuge LGBT+, per il progetto “Accoglienza per LGBT+ vittime di violenza” finanziato con i fondi 8×1000 della Soka Gakkai.
Il progetto sostiene giovani di età compresa fra 16 e 26 anni, mandati via di casa o vittime di violenza e maltrattamenti all’interno del proprio contesto familiare, in quanto persone LGBT+
Il 17 maggio del 1990 fu cancellata la parola omosessualità dall’elenco dell’OMS (Organizzazione mondiale della sanità) delle malattie mentali e per questo è stato scelto come Giornata mondiale contro l’omofobia, la bifobia e la transfobia. Com’è in Italia la situazione attuale e quali sono gli aspetti più importanti su cui concentrarci nella lotta contro l’omobitransfobia?
Attraverso il Gay center ogni giorno ascoltiamo tante storie ed è come se avessimo un barometro di tutto quello che succede nella società su questa tematica.
Il 17 maggio è una data significativa perché è stato riconosciuto che la dimensione clinica non è accostabile a un orientamento non eterosessuale.
All’interno della società c’è ancora una forte pressione basata su stereotipi e pregiudizi che condiziona le relazioni e il nostro modo di pensare. Infatti, il non essere “previsti” e il dover affrontare l’ostacolo del coming out da cui spesso scaturisce una reazione di rifiuto, ha un impatto a 360 gradi sulla persona. Definire la propria identità sessuale non è qualcosa di collaterale.
Non avere la possibilità di farlo significa non riconoscersi pienamente all’interno della società come una persona portatrice di un sistema valido e condivisibile, sul lavoro, nelle relazioni familiari o nella dimensione sociale pubblica.
Impatta anche nella dimensione del linguaggio, perché le parole stesse con cui veniamo accolti in ogni contesto tendono ad essere escludenti. E a partire proprio dal linguaggio, ognuno di noi può fare sempre qualcosa per combattere l’omofobia.
L’azione per contrastare l’omofobia presuppone una sensibilizzazione verso un numero sempre maggiore di persone. Qual è la vostra mission come Gay Center/Gay Help Line?
Il Gay center è un posto sicuro in cui imparare a esprimere se stessi come persone LGBT+ e valorizzare la narrazione di sé, in cui trovare qualcuno che riconosca i propri bisogni e che possa essere un accompagnamento negli spazi della società.
Ad esempio, se al momento del coming out c’è una situazione di rifiuto, è proprio sul contesto che è importante lavorare. La nostra missione è sensibilizzare ogni persona, perché non è vero che se non siamo persone LGBT+ certe tematiche non ci riguardano: riguardano tutti e tutte.
La nostra mission è lavorare su una dimensione egualitaria, poiché l’importante è essere tutti uguali nell’esprimere le nostre differenze, nel poterle rivendicare e vivere.
Nel Gay center sosteniamo le persone LGBT+ intercettando le loro richieste di aiuto e cerchiamo di rispondere con il supporto in vari ambiti: legale, counseling, salute di identità e di genere, la medicina di genere, la salute femminile, ecc.
Refuge LGBT è la prima casa di accoglienza per giovani LGBT+ vittime di omofobia, bifobia e transfobia in famiglia che hanno subito violenza e sono stati abbandonati dalle proprie famiglie. Offre rifugio, supporto psicologico/legale e supporta il giovane nell’avvio dell’autonomia. Come e perché nasce il progetto?
La discriminazione subita in famiglia come primo luogo di accoglienza ovviamente è quella più traumatica. In alcuni casi succede che i ragazzi o le ragazze siano allontanati da casa o costretti ad allontanarsi.
Refuge è un rifugio inteso come un luogo di accoglienza, protezione e sicurezza, in cui offriamo servizi per ragazzi e ragazze dai 16 ai 26 anni che hanno subìto discriminazione o violenza, sia psicologica che fisica, in famiglia. Viene portata avanti una mediazione familiare volta a riallacciare i legami e ricostruire il tessuto di fiducia. Per tale ragione è fondamentale avere un supporto continuo al fine di creare veramente un legame in famiglia o comunque per non romperlo del tutto.
La famiglia rimane un luogo sicuro a cui tutte le persone ambiscono tornare. Refuge non si pone come un’alternativa alla famiglia ma sostiene il recupero dei rapporti familiari con la pratica della mediazione familiare.
Quando incontriamo i genitori, la prima cosa che emerge è la paura che nasce dall’immaginario, dalla proiezione che si fanno del figlio o della figlia. Noi diamo informazioni che siano scientificamente sostanziali perché molto spesso quello che fanno i genitori è cercare una conferma di ciò che loro già temono.
Li supportiamo nel decostruire questo immaginario spaventoso riguardo ciò che sarà il futuro dei figli o delle figlie, per aiutarli a fare un percorso che li porti a ritenere possibile per loro un futuro felice.
Ciò che facciamo è contenere la paura e trasformarla in una possibilità positiva dell’essere.
Gay Help Line è il contact center nazionale per persone gay, lesbiche, bisex e trans. Oltre a gestire casi di discriminazione, di violenze e di bullismo, rappresenta un punto di ascolto per chi è in difficoltà. Il Ministero delle Pari Opportunità ha citato Gay Help Line nel “Libro bianco dei servizi” come punto di riferimento per la comunità LGBT+ Italiana. In cosa consiste questo servizio?
Il servizio Gay help line è attivo dal lunedì al sabato dalle 16 alle 20, tutti i giorni siamo qui per rendere disponibile una via telefonica, una chat per consentire alle persone quelle cose che altrove non direbbero. L’ascolto è il valore aggiunto del servizio.
Dai racconti si apprende che c’è tanto di non visto che merita invece di essere visibile, ricostruito, aiutato a essere rappresentato in ogni contesto. Nel nostro Paese è assente una legge contro l’omobitransfobia e questo in qualche modo “spunta le nostre armi”, perché ogni volta che c’è qualcuno che viene attaccato in ragione del suo orientamento sessuale e della sua identità di genere non esiste una tutela specifica, non viene riconosciuto il suo diritto ad essere difeso in quanto persona omosessuale o transgender. E questa è una ferita che ci portiamo dentro inevitabilmente.
Noi lavoriamo sulla dimensione sociale oltre che legale. Essere oggetto di forme di marginalizzazione significa non avere le stesse possibilità degli altri in termini professionali, di vita e di relazione. Contrastiamo questa discriminazione, per esempio, quando ci impegniamo a far avere una residenza fittizia grazie all’aiuto delle amministrazioni, perché magari nelle proprie case non sono al sicuro.
Rispetto ai servizi, come si inserisce e quanto è importante il contributo dei fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai?
All’interno della casa famiglia Refuge noi assicuriamo una serie di beni primari e secondari alle persone, che hanno un costo. A volte i ragazzi e le ragazze, costretti a lasciare velocemente la loro casa, arrivano da noi senza gli occhiali o l’apparecchio per i denti.
Va ricreato lo zaino per la scuola, il telefono, il computer… ovviamente, molto spesso abbassando gli standard a cui molti sono abituati. I supporti finanziari pubblici e statali arrivano dopo mesi.
Alcune persone vengono mandate via di casa a 14 anni e il rischio è quello di entrare in brutti giri, finiscono in case famiglie che non sono adeguate ad accoglierle e quindi scappano da una casa all’altra, non vanno più a scuola e quando arrivano a 18 anni finiscono in mezzo alla strada.
Finora per lo più accoglievamo nella casa famiglia ragazzi e ragazze maggiorenni, adesso stiamo iniziando ad accogliere anche minori, questo è un segno di grande cambiamento dei tempi perché vent’anni fa non ci avrebbero mai affidato minori.
Ovviamente il contributo della Soka Gakkai non è importante, ma importantissimo perché ci permette di fare tutto quello che abbiamo raccontato, e tante altre cose.
La nostra è un’associazione di persone per le persone e ciò che facciamo parte prima di tutto dal nostro desiderio di affiancarle nelle vicissitudini quotidiane, perché lì fuori non tutto è così facile.
Già è difficile in generale, e ancora di più per chi deve affermare la propria identità di genere o orientamento sessuale, perché le discriminazioni lo sappiamo, si sommano.
Siamo convinti che la diversità sia un punto di forza e perciò siamo determinati a diffondere questa convinzione tra le persone, al fine di realizzare una società inclusiva.