Abbiamo da poco commemorato la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne (25 novembre). Voi vi occupate di prevenzione della violenza di genere tra pari negli anni dell’adolescenza. Com’è in Italia la situazione attuale tra i giovani?
Gli adolescenti sono il target più a rischio di violenza tra pari e non hanno molte occasioni di essere ascoltati. La scuola superiore infatti offre poche attività di prevenzione perché è molto incentrata sui contenuti e i programmi da rispettare, tralasciando talvolta tematiche che riguardano il benessere giovanile a 360 gradi.
Dalle ricerche non emergono dati organici e statistici sulla violenza nel target adolescenziale poiché negli ultimi anni è stata data priorità a raccogliere i dati sul bullismo e il cyber-bullismo.
Per questa ragione nelle scuole dove lavoriamo, tramite l’osservazione dei gruppi e la somministrazione di questionari, cerchiamo di capire come la violenza colpisce direttamente o indirettamente i ragazzi e le ragazze. Queste ricerche ovviamente danno dei dati leggermente diversi a seconda dei contesti più o meno vulnerabili.
Ciò che emerge è che nella maggior parte dei casi si tratta di violenza psicologica che si esprime con commenti sulle problematiche fisiche o sulla provenienza d’origine. È il singolo a essere “attaccato” da un gruppo di pari, inoltre è in estremo aumento la violenza online che spesso e volentieri non viene riconosciuta perché non è percepita come realtà vera e propria. Sono molto alti i dati di chi assiste alla violenza.
Dalle ragazze emerge che, soprattutto in contesti vulnerabili, le forme di violenza sono quotidiane e si esprimono nel linguaggio e in alcuni atteggiamenti.
Di questi tempi gli adolescenti se hanno lo spazio per farlo si confrontano e non hanno timore di esternare sia le loro problematiche, sia se hanno avuto loro stessi dei comportamenti violenti. Questa è una differenza che noi notiamo con le generazioni precedenti, dove invece la violenza era quasi un tabù… non si parlava di queste cose.
Un altro dato importante che emerge dalle nostre esperienze è che, contrariamente a quanto si pensa, gli adolescenti cercano il supporto dei genitori quando subiscono violenza. Il ruolo più importante resta dunque quello delle famiglie. Chiedono aiuto anche ai docenti, soprattutto quelli più empatici.
Il progetto Youth for Love finanziato con i fondi 8×1000 della Soka Gakkai italiana lavora sulla prevenzione sviluppando percorsi di sensibilizzazione per studenti e insegnanti. In cosa consistono le azioni di prevenzione per contrastare la violenza di genere?
Per noi la prevenzione parte dalla scuola.
Come prima cosa eseguiamo una fotografia delle caratteristiche di quella scuola e le azioni che eventualmente ha già messo in campo sul contrasto alla violenza di genere.
Il passo successivo è la realizzazione di laboratori nelle classi, sviluppati in percorsi pluriennali. Alcuni moduli del laboratorio sono svolti direttamente dal docente che ha partecipato alla nostra formazione con il supporto dell’educatore Action Aid.
Nei laboratori viene usata una metodologia partecipativa di ascolto attivo e nella prima fase lavoriamo sul contrasto degli stereotipi che facciamo emergere tramite dei giochi di ruolo e attività di cooperative learning (apprendimento tramite la cooperazione).
Un’altra parte del laboratorio si concentra sulle varie forme di violenza. Ad esempio, a partire dall’immagine dell’iceberg della violenza riflettiamo sulle forme visibili e invisibili. Abbiamo notato che in questa fase emerge fortemente l’impatto della violenza online.
Un’ultima parte è incentrata su come si affronta la violenza, gli strumenti da mettere in campo nelle diverse situazioni. Si riflette su cosa ognuno di noi, in gruppo o individualmente, può fare.
Qui si approfondiscono le opportunità e i servizi già presenti sul territorio e in alcuni casi invitiamo anche dei soggetti esterni, dall’assessore alle operatrici dei Centri antiviolenza o dei centri giovanili.
La terza componente del progetto è la formazione dei docenti svolta in modalità laboratoriale e immersiva, affinché possano interiorizzare le metodologie e le tematiche, e continuare a lavorare con la classe anche quando il nostro percorso finisce.
Il progetto agisce poi sulle procedure scolastiche che servono a migliorare gli aspetti di mala gestione che producono dei meccanismi che non aiutano la persona che subisce violenza o chi l’agisce. Noi suggeriamo una base da inserire nei regolamenti scolastici e poi la discutiamo insieme ai docenti, portando anche le voci degli studenti. Tante loro richieste riguardano l’avere degli spazi autogestiti o di discussione, attivare delle attività di peer to peer (svolte tra pari) e avere più tutor con cui parlare di queste problematiche.
Infatti nel progetto è previsto che i ragazzi e le ragazze che hanno partecipato ai laboratori, vengono coinvolti nel portare la loro esperienza nelle altre classi di studenti più piccoli e anche nel fare una restituzione del percorso alla comunità.
Grazie al progetto finanziato con i fondi 8×1000 della Soka Gakkai tanto lavoro riguarderà anche l’ampliamento della rete di associazioni già attive nel contrasto e prevenzione della violenza di genere.
In base alla sua esperienza, cosa consiglierebbe a un giovane o una giovane che sta subendo violenza di genere, oppure a una persona che è molto vicina alla vittima ed è testimone di questi atti? Come aiutare invece una persona che sta compiendo atti di violenza di genere? C’è una storia significativa che vuole condividere?
Suggerirei di identificare delle persone di fiducia all’interno della famiglia o della scuola con cui poter condividere questo tipo di esperienza dolorosa. È molto importante la sensibilizzazione su questo tema affinché la persona vittima di violenza non si senta l’unica a vivere questa situazione e quindi riesca a condividerla.
Non bisogna aver paura di fermare la violenza, soprattutto nei casi gravi è importante agire subito, spesso il passaggio è dalla violenza verbale a quella psicologica, per poi passare a quella fisica.
Ad oggi le forze dell’ordine non sono formate sugli adolescenti, mentre i servizi come i Centri antiviolenza hanno maggiori strumenti e sanno come approcciarsi a loro.
Per chi agisce la violenza, la questione è non criminalizzare. Chi agisce la violenza vive delle problematiche che riflette sugli altri con atti di violenza e quindi è su quelle che bisogna lavorare tanto. Tanto dipende dal contesto in cui si cresce, quale discriminazione ha vissuto, tante forme di violenza nascono da contesti culturali.
Un esempio che vorrei condividere riguarda il percorso fatto con una classe che ha portato alla denuncia di alcuni atti di violenza agita da adulti.
Le vittime hanno denunciato la violenza subita con l’aiuto del gruppo delle compagne.
La soddisfazione è che la scuola ha reagito secondo le procedure di cui avevamo parlato loro prestando attenzione alla tutela dei ragazzi e delle ragazze.
Consapevoli degli atti di violenza, i ragazzi e le ragazze hanno organizzato una manifestazione e questo ci ha convinti di aver lavorato bene sulla consapevolezza dei loro diritti e anche delle azioni che possono intraprendere per contrastare la violenza di genere. Forti di questo tipo di esperienza, vogliamo portare avanti il progetto Youth4love per aiutare giovani e insegnanti ad affrontare la violenza di genere con metodologie didattiche e strumenti educativi nuovi, che aumentino la consapevolezza sul tema e aiutino a far sì che all’interno della scuola diventi inaccettabile qualsiasi forma di violenza.