Insegnare Educazione alla cittadinanza globale

Educazione

Abbiamo intervistato Massimiliano Tarozzi (cattedra UNESCO all’Università di Bologna), Margherita Romanelli (We World) e Vera Malavolti (studentessa), alcuni dei protagonisti del progetto “Insegnare Educazione alla cittadinanza globale all’università”.
Il progetto, sostenuto con i fondi 8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai e promosso da We World onlus in collaborazione con UNESCO Chair in Global Citizenship Education in Higher Education dell’Università di Bologna, mira a generare un senso di appartenenza a una comunità più ampia e a un’umanità comune, in un’ottica di interdipendenza politica, economica, sociale e culturale e di interconnessione tra il locale, il nazionale e il globale

Cosa significa essere un cittadino globale in questo momento storico e quanto è importante che i giovani si appassionino sempre di più a questa tematica?

Tarozzi: L’educazione alla cittadinanza globale è un approccio all’educazione che negli ultimi due decenni l’Agenzia delle Nazioni Unite, in particolare l’UNESCO che si occupa di educazione, cultura e scienza, ha fortemente promosso.
È un’idea di educazione civica globale, per formare le nuove generazioni, che dura e si sviluppa lungo tutto l’arco della vita. Abbraccia l’educazione alla pace, interculturale, ai diritti umani, di genere, ma anche l’educazione allo sviluppo sostenibile, ambientale ed ecologico. Educare alla cittadinanza globale significa usare un approccio trasformativo che non si limita a trasmettere conoscenze e competenze, che sono certamente utili, ma non sono sufficienti per mettere in grado le persone di adottare dei comportamenti diversi, più responsabili; tale approccio permette di adottare uno sguardo diverso, che sia onnicomprensivo, integrato, olistico e abiliti le persone ad agire con più responsabilità e più impegno sociale. Come professore universitario sono responsabile del corso di Competenze alla cittadinanza globale, un corso trasversale che non riguarda solo scienze dell’educazione, sociologia o scienze politiche ma che è accessibile a studenti di tutti gli indirizzi. 

Come è nato il progetto sostenuto dai fondi 8×1000 della Soka Gakkai?

Tarozzi: Insegnare le competenze di cittadinanza globale non è solo tenere lezioni in aula, far prendere appunti, assegnare delle letture e poi verificare l’apprendimento di quelle letture. Certo, le letture sono fondamentali… Conoscere i problemi e le sfide che sono in corso nel mondo e gli orientamenti teorici che cercano di affrontare queste sfide, ma innescare questo processo trasformativo, questo è l’obiettivo principale.
Da qui è nata l’idea di combinare le lezioni in aula – ospitando docenti di diverse discipline – insieme a un viaggio esperienziale, lavorando con l’organizzazione We World che è già attiva sul campo con progetti legati alla cittadinanza globale.
Questa esperienza consente allo studente di mettere in discussione le proprie convinzioni e i valori già consolidati, i pregiudizi che ha sviluppato – soprattutto noi europei nei confronti dell’Africa. Aprire il proprio orizzonte e una visione del mondo facendo un viaggio di studio in un paese che vive una condizione totalmente diversa dalla nostra.
L’anno scorso eravamo in Libano, a Beirut, quest’anno in Tunisia.
Un enorme ringraziamento va all’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai che ha colto immediatamente il senso e lo spirito di questa iniziativa. Senza questo sostegno non sarebbe stato possibile portare gli studenti in Tunisia, se non chiedendo agli studenti di pagare di tasca loro, e quindi penalizzando coloro che non hanno la disponibilità economica.
Infine, un altro ringraziamento va alla dott.ssa Annalisa Quinto (Unibo) e al dott. Gian Marco Alonzi (WeWorld) per il prezioso lavoro di supporto organizzativo, senza il quale questo progetto non ci sarebbe stato.

Come è strutturato il progetto Insegnare Educazione alla cittadinanza globale nell’università?

Romanelli: Le attività principali sono due: un viaggio di studio in Tunisia in collaborazione con UNESCO Maghreb e Università di Cartagine per approfondire i temi legati alla migrazione e alla sostenibilità globali e un tirocinio breve presso WeWorld, ONG impegnata in progetti di Educazione alla cittadinanza globale sui temi della parità di genere, della giustizia climatica, di modelli di consumo e sviluppo sostenibili in particolare in agricoltura. 
We World svolge attività di educazione alla cittadinanza globale sul territorio italiano in collegamento con programmi europei ed internazionali. Uno dei nostri obiettivi come organizzazione è di influenzare i policy maker perché ci sia una sempre maggiore integrazione dell’approccio dell’educazione alla cittadinanza globale all’interno delle politiche locali, nazionali e internazionali.
Grazie ai fondi 8×1000 della Soka Gakkai abbiamo strutturato il progetto integrando due componenti, il lavoro in Italia e il viaggio all’estero per far toccare con mano agli studenti la dimensione globale. Lo scopo del progetto è acquisire le competenze su come agire sui nostri territori mantenendo però una visione consapevole e globale. Avere una prospettiva che crei ponti e relazioni. Da diversi anni abbiamo una nostra sede in Tunisia, dove ci occupiamo di sviluppo locale, questo ci ha consentito di attivare i tirocini per gli studenti cui abbiamo abbinato una dimensione più teorica in ambito accademico e una più operativa in cui si ravvisa la difficoltà di lavorare in certi contesti.

Perché ti sei interessata al progetto?

Malavolti: Ho una formazione antropologica e questo percorso rappresentava un’intersezione tra tutto quello che avevo studiato fino a quel momento.
A livello accademico non è facile trovare dei corsi che affrontino temi così attuali come la migrazione, la globalizzazione, la sostenibilità, ma anche semplicemente il pluralismo socioculturale.
Inoltre, la dimensione dell’esperienza che abbiamo fatto in Tunisia è stata fondamentale per consolidare le conoscenze teoriche che avevo appreso nel corso di studi e per poter vedere concretamente come si realizzano.

Cosa hai imparato nel viaggio?

Malavolti: Nel viaggio abbiamo approfondito le dinamiche che influenzano le nostre vite in quanto cittadini italiani, ma anche come cittadini europei. Affrontata la dimensione storico culturale, per esempio, siamo andati a visitare musei relativi alla Tunisia, siti storici. Ma abbiamo approfondito anche la dimensione dell’istruzione attraverso l’UNESCO Maghreb e l’Università di Cartagine. È stato interessante rapportarci con altri studenti.
Alla fine di ogni giornata facevamo un briefing insieme in cui discutevamo di ciò che avevamo visto e sentito. 
In questo clima politico e in questo momento storico non molti cittadini europei hanno questa possibilità. Questo tipo di lavoro su di sé è, come si dice in antropologia, un po’ uno shock, ma è scontrandoti con l’altro che puoi vedere chi sei veramente.

Come è stato incontrare studenti di un altro paese?

Malavolti: È stato molto ambivalente, in realtà è stato il tema più divisivo perché ci siamo trovati noi cittadini europei in viaggio studio con l’entusiasmo e la libertà di poter avere uno scambio. Sapevamo cosa ci saremmo trovati davanti, ma quando sei lì è tutto diverso. Confrontarsi con le limitazioni che ha uno studente dell’Università di Cartagine, cioè l’impossibilità di muoversi altrettanto liberamente, è stata una cosa molto scioccante ed emotivamente molto intensa.

Vorresti lanciare un messaggio di speranza agli altri giovani?

Malavolti: Per crescere come individui è fondamentale tenere a mente la trasversalità nella nostra vita, orientarci alla ricerca del “dettaglio fuori posto” come se avessimo una lente di ingrandimento che ci fa vedere le cose e ci fa capire dove sta la verità.
Scavare nella realtà con spirito critico. Io penso che questa cosa ci permetta di costruire una società più giusta.

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