Il progetto “Giovani neet per la sostenibilità” coinvolge i giovani, tra i 15 e i 29 anni, che non lavorano e non studiano al fine di sviluppare competenze che riguardano attività profondamente radicate nel territorio e attente alla tematica ambientale. Come nasce e in cosa consiste il progetto?
Il progetto intende creare tre filiere produttive sostenibili, una mellifera, una per l’elicicoltura e una casearia, in cui i giovani NEET verranno formati e inseriti lavorativamente.
L’idea è nata a seguito dei terremoti e delle grandi nevicate che hanno interessato le zone soprastanti l’Isola del Gran Sasso e il conseguente spopolamento.
Soprattutto per i giovani ci sono molte difficoltà a coltivare delle prospettive lavorative e a individuare le potenzialità presenti sul territorio.
Questi territori da sempre sono votati prevalentemente all’agricoltura e alla pastorizia, ma cercare di inserire un giovane – tra i pochi che ci sono – all’interno di tali contesti non è facile, perché loro si vedono più proiettati nelle grandi città in contesti di consumo, economia e marketing.
Il progetto finanziato con i fondi 8×1000 della Soka Gakkai parla infatti di riattivazione.
Le calamità naturali che hanno colpito la zona non solo hanno distrutto le infrastrutture ma anche la capacità dei giovani di vedere questo territorio come il proprio territorio.
Ci piace usare come metafora l’inserimento delle duecento api fatto grazie al progetto. Sappiamo che il lavoro delle api non è solo il miele, ma innanzitutto l’impollinazione, che è vitale per la rinascita del territorio.
Uno degli obiettivi del progetto è favorire la creazione di una rete in cui le esigenze dei piccoli produttori possano incontrare quelle dei giovani NEET e dei consumatori, nell’ottica di integrare, riattivare, ridurre gli sprechi e ottimizzare le materie prime. Inoltre, i prodotti delle filiere sono diffusi in punti vendita locali e sul sito e-commerce appositamente creato.
Riattivare un senso di comunità all’interno di un territorio come questo non è facile ma è sicuramente il lavoro più importante che possiamo fare. Abbiamo messo insieme circa 35 NEET che comprendono ragazzi e ragazze, migranti e italiani.
Inoltre, grazie ai fondi 8×1000 della Soka Gakkai e alla collaborazione con l’Università di Teramo, al fine di acquisire delle conoscenze in ambito agricolo, sono stati attivati dei corsi universitari in veterinaria, biotecnologie in ambiente agricolo e per la trasformazione degli alimenti.
Voi lavorate a stretto contatto con tanti e tante giovani che grazie al progetto trovano nuove speranze per il loro futuro. Quali sono gli ostacoli che riscontrate maggiormente e che minano la motivazione dei giovani? Come incoraggiarli quando non hanno prospettive per il futuro?
Il progetto supporta uno sportello di ascolto affiancato da uno psicologo. Spesso i giovani, sia italiani che stranieri, arrivano allo sportello insoddisfatti perché hanno tentato varie volte di realizzare un loro sogno lavorativo, e talvolta per motivi economici, talaltra per la poca volontà delle famiglie di accogliere il loro sogno, si sono ritrovati ad un certo punto a screditarlo e ad abbandonarlo… da qui, anche l’amarezza di sentirsi inadeguati.
In questi casi non basta semplicemente una pacca sulla spalla.
Il progetto prevede la disposizione di doti da utilizzare per i giovani che, a seguito dei colloqui, ritrovano la motivazione per intraprendere percorsi di formazione in qualsiasi ambito, la ripresa degli studi universitari o l’avvio di un’attività commerciale.
Per i casi più delicati c’è una presa in carico molto più profonda, fatta con l’assistente sociale. Alcuni migranti ad esempio giungono qui mandati dalle famiglie per motivi economici e qualsiasi lavoro è quello giusto. Trovano lavori in ambito agricolo dove trovano molto sfruttamento e poca dignità.
La persona non è semplicemente una macchina che lavora, quando ci sono l’amore e il rispetto per quello che si fa, la persona è capace di attivarsi a un livello più profondo e far emergere nuove risorse interiori e potenzialità inespresse fino a quel momento.
Il fatto che giovani NEET abbiano l’opportunità di studiare, significa riconoscere a quella persona delle aspettative di vita che vanno oltre “il raccogliere pomodori” immaginando che possa diventare un veterinario o un ingegnere dell’agricoltura, se lo desidera… purtroppo la discriminazione è anche il non riconoscere l’altro come portatore di valori e di conoscenze.
INTERVISTA A SADAT – GIOVANE BENEFICIARIO DEL PROGETTO
Mi chiamo Sadat, ho 23 anni e vengo dall’Afghanistan, mi interessano molto i temi legati all’agricoltura sostenibile che qui posso studiare e approfondire.
Grazie al progetto frequento un corso per migliorare la lingua italiana e sto studiando all’Università di Teramo, per me è una grande opportunità. Contemporaneamente, il progetto mi dà la possibilità di mettere in pratica ciò che studio ad esempio imparando a fare il miele o il formaggio, accumulando esperienza e acquisendo più fiducia in me stesso. Sento che sto cambiando pian piano le mie prospettive di vita.
Ho avuto un’esperienza precedente in Afghanistan, dove ho studiato per due anni Economia applicata all’agricoltura e anche lì avevamo una parte pratica.
Quando tornerò in Afghanistan condividerò i nuovi metodi di agricoltura che sto imparando, che sono diversi da quelli che usiamo noi. Il mio desiderio è riuscire a condividere l’esperienza che stiamo realizzando qui, affinché sia replicabile in altri contesti.
Fin dalla prima volta che sono venuto qui desideravo imparare qualcosa per poi tornare nel mio Paese e condividere tutte le mie idee e i risultati. Come ho detto prima, in Afghanistan abbiamo un’agricoltura tipica, molto antica e tradizionale. Vorrei veramente ringraziare l’Associazione Salam e l’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai per questa occasione.