Come è nato il progetto “Piramidi nel blu” e quali sono i principali obiettivi?
È nato dalla volontà di preservare e migliorare lo stato delle risorse marine che costituiscono non solo un patrimonio di biodiversità, ma anche una fonte di reddito per la marineria. L’associazione Martin Pescatore è sempre stata attenta alla sostenibilità delle azioni di pesca, ha collaborato attivamente in passato a progetti di ripopolamento e conservazione, costruendo un proficuo rapporto con l’università e con enti di ricerca in campo marino.
Insieme alla società Blu Marine Service, che ha notevole esperienza nel settore della ricerca marina, si è pensato al progetto Piramidi nel blu che prevede tecniche estremamente semplici ma efficaci per favorire il ripopolamento e la conservazione delle risorse marine costiere.
Le risorse finanziarie dedicate alla difesa dell’ambiente messe a disposizione nei diversi bandi dell’8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai sono opportunità estremamente interessanti per la realizzazione di progetti concreti ed efficaci per la tutela ambientale.
Che cosa sono e come funzionano le “piramidi”?
Le piramidi sono strutture sottomarine costruite con materiali naturali, ricoperte da teli di iuta, con telaio portante in acciaio inox, per resistere alle correnti galvaniche e alle mareggiate.
Abbiamo anche utilizzato per la loro costruzione dei vasi realizzati in lolla di riso, un materiale estremamente resistente e totalmente naturale derivato dalla lavorazione del riso. Queste “tane”, sono oggi le case di polpi, seppie, granchi, pesci insieme ad altre innumerevoli specie marine.
Dopo neanche trenta giorni di permanenza in mare le strutture erano già colonizzate da numerose specie. In brevissimo tempo sono diventate delle piccole oasi di biodiversità in cui gran parte delle risorse marine costiere dell’Adriatico trova riparo.
Gli animali utilizzano le nostre strutture per numerose ragioni: per riprodursi, proteggersi; accrescersi, accoppiarsi. Un esempio è quello del polpo che ha la tana in quasi tutte le piramidi. I polpi sono degli animali molto importanti anche per l’ecosistema perché, anche se da noi il granchio blu non è ancora un problema, in alcune aree come la laguna di Venezia o come la costa romagnola, questo animale ha invaso le acque costiere divenendo un problema critico per l’ecosistema.
Uno dei pochi antagonisti di questa specie è proprio il polpo che è in grado di fronteggiare granchi anche di grosse dimensioni. Inoltre, in un fondale come quello dell’Adriatico, caratterizzato da vaste aree sabbiose in cui gli affioramenti rocciosi, a causa della pesca intensiva, sono stati quasi completamente distrutti, queste piccole strutture aggregano in maniera molto efficace tutte le risorse che si devono riprodurre perché altrimenti avrebbero difficoltà a trovare ambienti dove deporre le uova.
Quali sono le principali cause di degrado della biodiversità nell’Adriatico centrale?
La pesca intensiva è la principale causa dell’impoverimento di risorse dell’Adriatico e del bacino del Mediterraneo. Tra i mari italiani, l’Adriatico è il mare più pescoso e sfruttato e quindi le flotte di pescherecci che lo solcano sono molto numerosi. Sono rarissime – almeno nel centro Adriatico – aree di mare in cui la pesca sia vietata.
Abbiamo la piccola pesca con un minimo impatto sui fondali che opera fino a tre miglia, però nella stessa fascia abbiamo anche le turbosoffianti per le vongole, che hanno un impatto devastante sull’ambiente, perché danneggiano il fondale marino utilizzando acqua ad altissima pressione, che impatta su gran parte degli animali che abitano il fondale. Se ci spostiamo più a largo abbiamo lo strascico, che è la tecnica più distruttiva in assoluto per i fondali e per la mancanza di selettività degli attrezzi utilizzati.
Ringraziando la natura, l’Adriatico è un mare ancora produttivo ma rispetto al passato abbiamo il 50-60% in meno di quantitativi pescati. Negli ultimi anni la capacità del mare di rigenerarsi è stata aiutata anche dalla politica europea della pesca, che prevede lo smantellamento dei vecchi pescherecci: non ci sono più nuove licenze e questo fa sì che le marinerie pian piano diventino sempre più piccole.
Un’altra causa di degrado della biodiversità è l’inquinamento da plastiche. Stamattina ne abbiamo raccolti almeno dieci chili tra buste, salvagenti, gonfiabili e oggetti vari.
Che cosa si intende per approccio sostenibile all’attività di pesca e in che modo può essere realizzato questo approccio?
Martin Pescatori è un’associazione della piccola pesca costiera che ha un impatto minimo sulle specie marine, poiché utilizza tecniche di pesca come le nasse e le reti da posta che sono molto diverse dalle reti usate dai pescherecci industriali. Nella piccola pesca la trappola viene messa in mare e il pescatore ha la capacità di valutare se tenere un pesce oppure liberarlo vivo, cosa che le altre tecniche non permettono perché per esempio, le reti a strascico non sono selettive prelevando tutto quello che incontrano e uccidendo gran parte delle risorse prelevate anche se non commercialmente utilizzabili.
In che modo è strutturato il percorso didattico previsto dal progetto?
Il percorso didattico prevede un percorso esperienziale per gli alunni delle scuole elementari. Abbiamo fatto toccare con mano molte delle creature che attualmente stanno popolando le piramidi che abbiamo in mare, come: polpi, seppie, calamari, granchi, gasteropodi. Durante gli incontri le risorse marine vengono prelevate dal mare, e con estrema cura vengono conservate all’interno di ampi contenitori, garantendo attraverso aeratori e altre tecnologie, parametri di ossigeno e di temperatura dell’acqua più che soddisfacenti, alcune specie vengono anche fatte tenere in mano dai bambini, e questo li aiuta a capire quanto sia affascinante questo mondo. Dopo aver permesso ai bambini di osservare da vicino questi animali, si procede con la loro liberazione in mare. L’obiettivo è trasmettere un messaggio sull’importanza di rispettare le creature marine e di sensibilizzare i giovanissimi su quanto sia importante imparare a preservare e proteggere il mare.
Il progetto ha coinvolto in primis gli alunni delle elementari perché si vuole trasmettere alle nuove generazioni i valori quali il rispetto delle risorse naturali, la protezione dell’ambiente, la conservazione della biodiversità. Abbiamo puntato sulle nuove generazioni sia per mostrare loro la biodiversità presente nel nostro mare, sia per diffondere dei messaggi volti alla sensibilizzazione nei confronti della natura e delle creature che la abitano. Siamo abituati a chiamare questo pianeta “Terra”, ma il 70% di questa Terra è ricoperta dall’acqua dei mari e degli oceani! Viviamo in un pianeta più blu che verde e quando abbiamo incontrato i bambini abbiamo cercato di far capire loro che la vita sulla terra è nata nel mare. Riuscire a fare qualcosa per preservare le risorse marine è come tutelare la culla della vita.