A lavoro per l’inclusione

Educazione

Abbiamo intervistato Samantha Lentini, presidente dell'associazione La Rotonda, per parlare insieme del progetto "In & Aut. A lavoro per l'inclusione" finanziato con i fondi 8x1000 dell'Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai

Voi siete tra i vincitori del bando “Giovani NEET” promosso con i fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai. Come nasce e in cosa consiste il progetto “In & Aut. A lavoro per l’inclusione”? 

Il progetto In & Aut nasce dall’osservazione di un bisogno: quello di portare allo scoperto ragazzi e ragazze che sono una grande risorsa per il nostro Paese e per loro stessi, creando dei percorsi di inclusione in cui ciascuno di loro può dare il massimo.
In questa ottica abbiamo individuato due gruppi di giovani che ancora non stavano ricevendo una risposta adeguata: i ragazzi con autismo e quelli con fragilità in senso lato. Quella fragilità che sfugge anche agli inquadramenti, perché non sono così gravi da essere considerati disabili ma non sono neanche così capaci per poter accedere in autonomia a percorsi lavorativi.
Il primo passo è stato creare una modalità di accesso affinché questi ragazzi fossero innanzitutto individuati ‒ impresa non facile ‒ e poi costruire una rete di aziende che potessero ospitarli. 
Successivamente abbiamo organizzato il primo festival nazionale che ha dato luce alle pratiche di inclusione lavorativa per le persone con autismo e disabilità. 
Grazie al festival In & Aut abbiamo percepito tutta l’importanza del progetto, non solo per le aziende perché hanno avuto la possibilità di toccare con mano la valenza di una persona disabile o con fragilità inserita nel lavoro, ma anche per le famiglie perché finalmente si sono sentite ascoltate.

Stiamo vivendo un periodo complesso, anche per quanto riguarda l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro, in particolare in quei contesti di povertà multidimensionale in cui il progetto si inserisce. Quali sono le principali difficoltà per i giovani che hanno vulnerabilità fisiche e/o mentali?

Per i giovani, soprattutto con fragilità, è sempre più complicato approcciarsi al mondo del lavoro ma è proprio nel contesto di povertà come quello in cui ci troviamo in cui è fondamentale investire su questo aspetto. 
Ai giovani viene chiesto sempre meno cosa desiderano fare da grandi e l’orizzonte nell’ambito del desiderio si è un po’ appiattito rispetto al bisogno effettivo che c’è di lavorare.
Il progetto In & Aut che abbiamo promosso insieme, grazie ai fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, ha consentito di dare delle risposte concrete. 
Alle aziende che abbiamo formato per poter includere i ragazzi con fragilità, è stato chiesto di individuare delle mansioni che ancora non avevano all’interno dei loro contesti. Tra le mansioni più importanti che hanno identificato non c’erano solo quelle di natura tecnica ma che richiedevano delle soft skill (competenze di natura comportamentale e relazionale) che in genere i ragazzi con fragilità portano all’interno dei contesti lavorativi. 
I ragazzi con la sindrome di Asperger ad esempio, hanno una grande sensibilità da mettere a disposizione dell’azienda, un’attitudine al lavoro continuativo e collegano la loro mansione all’obiettivo da raggiungere… finché non lo raggiungono danno il massimo. 
Le aziende hanno ricevuto un grande valore aggiunto dalla loro inclusione e questa ci sembra una modalità importante che vorremmo modellizzare, facendola diventare un nuovo modo di approcciarsi al lavoro non solo per i giovani ma per le aziende in generale.

 

Nel 2022 nell’ambito del progetto In & Aut. A lavoro per l’inclusione promosso con i fondi 8×1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai, si è tenuto il primo festival italiano dedicato all’inclusione sociale e al lavoro delle persone autistiche. Quale impatto avete evidenziato a seguito di questo importante evento? 

Durante i tre giorni di In & Aut Festival c’è stata un’onda positiva che si è diffusa da Milano in tutta Italia. Si è avuto un grandissimo impatto mediatico e una capacità di includere non soltanto gli addetti ai lavori o le famiglie di ragazzi autistici, come spesso capita in questi contesti, ma soprattutto le istituzioni nazionali.
Hanno partecipato la presidente del Senato, il presidente e la vicepresidente della Regione Lombardia, il sindaco di Milano e tanti altri sindaci, a significare che questo è un tema trasversale. 
Quando l’Italia potrà dire di aver affrontato questo tema trasversale, avremo fatto un passo di civiltà di avanzamento per tutti. 
Sono stati approfonditi i temi dell’inclusione al lavoro attraverso la voce diretta di chi fa inclusione al lavoro, dal terzo settore ai genitori che, non trovando risposta nei percorsi istituzionali, hanno provato a dare una loro risposta al problema.
Esperti nel settore hanno portato lo stato di avanzamento della scienza nella comprensione di questo diverso modo di funzionare delle persone. Perché l’autismo non è semplicemente una disabilità, è proprio un altro modo di funzionare.
L’onda d’urto ha coinvolto aziende e multinazionali insospettabili che fino a quel momento non avevano mai affrontato il tema dell’autismo. 
Quelle giornate hanno consentito a ciascuno, secondo il proprio punto di vista, di comprendere che possiamo fare la differenza. A esempio, oggi è in atto la legge Comincini che consente alle aziende start up che includono persone con autismo al lavoro di avere una serie di sgravi contributivi e consente alla persona disabile di conservare la pensione di invalidità che normalmente, quando trova lavoro, viene cancellata. Questa è stata un’importante svolta dal punto di vista normativo e il festival ha sicuramente contribuito ad accelerarlo. 
L’onda d’urto di questo festival continua tuttora nelle aziende perché hanno potuto beneficiare di una formazione.

Come presidente dell’associazione La Rotonda è stata testimone di numerose esperienze virtuose, cosa consiglierebbe a quei giovani che hanno perso la speranza di diventare autonomi dal punto di vista economico e abitativo? 

Il consiglio che darei alle famiglie che talvolta si sentono sole è che ci sono delle esperienze virtuose che stanno nascendo, in parte anche grazie al festival, perché stiamo vivendo un momento di contagio positivo rispetto all’inclusione lavorativa delle persone con autismo o disabilità. 
È importante incontrare le organizzazioni che si stanno già muovendo in questo senso per essere inclusi in questi percorsi. 
Ai giovani, consiglio di non fermarsi, di esprimere e di andare fino in fondo al loro bisogno. 
Una ragazza che grazie al progetto sta facendo un’esperienza di borsa lavoro presso un’importante agenzia di comunicazione a Roma, nel raccontarmi il suo percorso di vita mi ha detto: «Sentivo di essere diversa dagli altri, ma allo stesso tempo non sentivo di essere diversa. Ho sofferto molto finché non sono riuscita a dare un nome a ciò che avevo e ho capito che semplicemente ho un altro modo di approcciarmi alle cose».
Oggi questa ragazza ha trovato il suo posto nel mondo dando il suo contributo unico ed è diventata una persona di fiducia per l’agenzia di comunicazione. La nostra borsa lavoro si trasformerà in un’assunzione lavorativa. 
Grazie al progetto finanziato con i fondi 8×1000 della Soka Gakkai abbiamo potuto dare delle borse di lavoro a ragazzi con Asperger e non ci siamo fermati all’ambito di Milano ma abbiamo iniziato a includere altre realtà sul territorio nazionale. Uno dei messaggi più importanti da dare ai giovani è che ognuno deve scoprire la propria e unica strada; anche se qualcuno ha bisogno di un mentore che sia in grado di accompagnarli lungo il percorso, è certo che alla fine la troveranno.

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